
Il sorriso di Alcesti
Giovedì 11 febbraio nel ciclo di incontri sulla cultura e la storia delle donne e di genere, alla Libreria della Donne di Padova il Prof. Umberto Curi ha tenuto una relazione dal titolo “Il sorriso di Alcesti”, un’affascinante percorso filosofico alla scoperta del femminile a partire dal mito e dalla tragedia greca.
In un crescendo di emozioni e ricordi liceali, mi sono trovata nel 438 a.C., quando Euripide perde la gara ed arriva secondo con questa tragedia o forse meglio sarebbe dire “dramma satiresco” visto che era la quarta rappresentazione dopo la trilogia che dava modo ai partecipanti di passare attraverso tutta la gamma delle emozioni catartiche e di concludere, di solito con un dramma satiresco, appunto, che doveva alleviare gli animi.
Questa è la prima delle molte peculiarità di questa straordinario scritto di Euripide, che certo nulla ha di dramma satiresco non fosse altro mancando il Coro come sottolinea il Prof Curi.
Ma le peculiarità non finiscono certo qui, è la storia stessa di questa straordinaria figura femminile dell’Alcesti che Curi sottolinea ed esalta come nella suggestiva lettura della lirica del poeta boemo di lingua tedesca Rainer Maria Rilke in una delle sue più belle liriche, Alkestis, composta nel 1907 durante un soggiorno a Capri.
Ecco l’ultima immagine che Admeto ha della sua sposa-bambina: «Una volta ancora egli vide la fanciulla, / il viso rivolto all’indietro, il suo sorriso / chiaro come la speranza, splendente / come una promessa: di ritornare a lui / dalla profonda morte, tornare adulta/ a lui, rimasto in vita – / Cadde in ginocchio Admeto / e si coprì il volto con le mani, / per non vedere più che quel sorriso» (trad. M.G. Ciani).
Quello che emerge e colpisce nella conferenza è come la descrizione della misoginia greca abbia permeato e permei tutt’ora la cultura di tutto il bacino del mediterraneo e questo dovremmo ricordarlo per dare un senso a ciò che succede oggi in tanti paese alle donne e come il loro destino sia ancora segnato da quella frase dell’Iliade in cui Ettore invita la moglie Andromeca ad “occuparsi delle opere sue” telaio e economia domestica , donna confinata alla biosakindunos, cioè vita senza pericoli.
Ma l’apice della suggestione è stata raggiunta quando il prof Curi inizia a descrivere del ruolo delle donne come Oracoli cita la Sibilla e Pizia, descrive che tra vapori densi e in posizione accovacciata “partoriscono” gli Oracoli così come le donne allora partorivano realmente i loro figli.
Come non sentire tutta la potenza dell’atto creativo delle donne che però escluse nei Simposi filosofici (ci ricorda ancora Curi sarà Socrate a riferire quanto Diòtima gli ha detto sull’amore)
Le donne allontanate perché impure, lascive come Pandora la prima donna.
Non posso non pensare a tutto ciò che da sempre ruota intorno all’impurità delle donne mestruate o dopo il puerperio, e torna prepotente nella capacità del vaticinio e in questa capacità di “guardare oltre” il potere delle donne proprio grazie alla loro peculiarità e specificità
Ciò emergerà anche nel dibattito con alcuni partecipanti e particolarmente con la Prof.ssa Chemotti che ha introdotto e concluso la emozionante serata.
Rimane un quesito che Curi propone perché gli uomini greci così misogini abbiano poi attraverso figure incredibili come l’Antigone, Polissena e la stessa Alcesti celebrato la grandezza eroica delle donne?
La suggestione che mi sale alle labbra che però resta un sussurro è che questi uomini, tutti gli uomini sono partoriti da una donna e questo miracolo-mistero non può che portare a celebrarne in modo in un altro il loro eroismo e citando Euripide, da Medea “Vorrei tre volte trovarmi nella battaglia anziché partorire una sola”.
Umberto Curi
Filosofo italiano, è professore emerito di Storia della filosofia presso l’Università degli Studi di Padova e docente presso la facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Ha tenuto cicli di lezioni e conferenze in università europee e americane.
Ha diretto per oltre vent’anni la Fondazione culturale “Istituto Gramsci Veneto” ed è stato anche per un decennio membro del Consiglio Direttivo della Biennale di Venezia. Ha vinto l’edizione 2010 del Praemium Classicum Clavarense.
Fra le sue numerose opere della fase più matura ricordiamo: “Endiadi. Figure della duplicità” (Feltrinelli, 1995), “Polemos. Filosofia come guerra” (Bollati Boringhieri, 2000), “La forza dello sguardo” (Bollati Boringhieri, 2004), “Meglio non essere nati. La condizione umana tra Eschilo e Nietzsche” (Bollati Boringhieri, 2008), “Lo schermo del pensiero” (Raffaello Cortina Editore,2000), “Un filosofo al cinema” (Bompiani, 2006) e “Straniero” (Raffaello Cortina Editore, 2010). Nel 2013 è uscito, sempre per le edizioni Cortina, “Passione”.