
La danza interattiva alle origini della vita
Il dialogo corporeo tra madre e neonato, linguaggio della fiducia e dell’empatia
di Lorena Garzotto
La relazione primaria madre-bambino è un’affascinante costellazione di scambi, di sottili sequenze emotive e comportamentali, un dialogo prevalentemente corporeo dei primi mesi di vita, che si declina principalmente nel fraseggio dei gesti, dei ritmi, della distanza, degli sguardi, delle forme, dei suoni, e nelle diverse tensioni e morbidezze del corpo. Una comunicazione che inizia molto precocemente, e che si avvale di competenze percettive e cognitive straordinarie, un tempo impensate.
Il neonato è infatti capace di distinguere le espressioni facciali, di imitarle, di riconoscere regolarità negli stimoli e nelle invarianze della propria esperienza senso-motoria (novità, uguaglianze, ripetizioni, imprevedibilità), su cui costruisce aspettative, e con cui inizia a differenziare sé dal mondo (Stern, 1975; Beebe e Lachmann, 2003). In particolare, per una disponibilità innata ai rapporti sociali, è sensibile alle sfumature degli scambi umani, agli sguardi, ai toni di voce, e utilizza il corpo e il movimento per fare una serie complessa di operazioni relazionali: cerca l’altro o si sottrae quando questi non risponde alle proprie intenzioni (Tronick, 1989), distoglie lo sguardo, lo riaggancia secondo un proprio tempo, sorride o piange, gira la testa, il busto, si inarca.
L’interazione bambino-caregiver è fin dall’inizio della vita una danza interattiva di processi bidirezionali in cui ognuno si adatta all’altro e lo stimola. Il piccolo apprende dall’esperienza sensoriale ed emotiva di questi scambi, e soprattutto impara con l’aiuto della madre a regolare e regolarsi, gettando così la base della fiducia in sé, nelle proprie iniziative, e della capacità di stabilire relazioni affettive positive.
La madre a sua volta impara a essere madre, a conoscere il bambino, a coglierne prevedibilità e preferenze, a leggere reazioni e intenzioni, a calmarlo o attivarlo a seconda dei bisogni che percepisce, creando una comunicazione empatica. In questo campo dinamico, complesso e intersoggettivo, si struttura il Sè (Bowlby, 1969) con le sue sicurezze e le sue fragilità, e prende avvio lo sviluppo sociale, emotivo, cognitivo, sensomotorio del nuovo nato. Sappiamo infatti che il corpo e il movimento giocano un ruolo importante nello strutturare i cambiamenti psicosociali e nel rifletterli.
Ma quali sono i costituenti grammaticali di questo dialogo preverbale che permette di condividere e di regolare lo scambio che avviene nella diade? Secondo la neuropsichiatra infantile statunitense J. Kestenberg, che ha indagato in un’ottica psico-motoria lo sviluppo infantile come articolarsi di varie fasi e organizzazioni della nascente relazione mente-corpo, sono le variazioni del flusso di tensione e della forma del corpo di madre e bambino che permettono la sintonizzazione (attunement), e l’adattamento (adjustment): questi elementi costituiscono la base dell’empatia e della fiducia. Nel Center for Parents and Children di New York, attivo dal 1972 al 1990, la ricercatrice e il suo gruppo (Sand Point Movement Study Group), hanno compiuto ricerche, osservazioni sul movimento dei bambini dalla nascita ai quattro anni, e studi longitudinali.
Utilizzando il lavoro di R. Von Laban sul linguaggio del movimento (1950), codificato nella Laban Movement Analysis, ne hanno definito le caratteristiche nelle diverse fasi di sviluppo, e hanno individuato schemi di corrispondenza o di conflitto con le figure di accudimento. I ricercatori partecipavano direttamente alle attività dei bambini stando al loro livello, muovendosi con loro, gattonando, saltando, cercando di entrare in contatto con le loro qualità motorie sentendole nel proprio corpo attraverso l’identificazione cinestesica. Lo scopo del Centro era la prevenzione e il miglioramento della relazione attraverso l’uso di metodi non verbali come la sintonizzazione, gli schemi di reciproco sostegno, la respirazione, e attraverso le arti creative e il gioco.
L’idea culturale sottostante era quella del gruppo di genitori come contenitore di uno spirito comunitario che aiutasse a uscire dall’isolamento dell’allevare, caratteristica problematica della maternità nel mondo occidentale di questi ultimi decenni.
Le osservazioni e gli studi sul movimento della Kestenberg sono contributi preziosi per la comprensione dello sviluppo infantile, per il lavoro con i bambini e con le coppie madri-bambini, e per la pratica della Danzamovimento Terapia. Mostrano che esiste una corrispondenza, come già segnalava Darwin, tra toni affettivi e modalità espressive -ad esempio il fastidio si esprime universalmente col restringersi delle sopracciglia, il corrugare della fronte, il piacere con l’allargarsi di viso e corpo, come nel sorriso-, e tra specifici bisogni e specifiche qualità materne.
I due distinti sistemi di autoregolazione, presenti già alla nascita, il flusso di tensione e il flusso di forma, permettono di creare legami: il primo permette di sentire cosa sente l’altro dando origine all’empatia, il secondo, a partire dall’adattamento reciproco della forma del corpo, centrato sul respiro, getta le basi per la fiducia.
Il flusso della tensione
Il continuo fluire della tensione muscolare è caratteristica dei tessuti viventi, base di tutti i movimenti e dell’agire nell’ambiente; va da un polo di flusso libero (muscoli agonisti non contrastati da antagonisti) al flusso tenuto (agonisti e antagonisti contratti contemporaneamente). Il neonato a momenti irrigidisce le braccia in flusso tenuto, scalcia col flusso libero o porta il pugno alla bocca, che col flusso tenuto può controllare e tenere lì.
Il flusso della tensione è ricchissimo di sfumature e gradazioni di intensità, che si collegano a bisogni e stati emotivi, come ognuno di noi può sperimentare anche nell’esperienza quotidiana: con il flusso libero si attiva infatti un senso di libertà, di facilità e sicurezza associato a emozioni piacevoli, col flusso tenuto il movimento appare più ristretto, inibito, e prevale un senso di cautela, di all’erta o di pericolo, che accompagna emozioni come la rabbia, la paura, l’ansia, il dispiacere, la preoccupazione.
Il movimento infatti “riflette e crea sottili cambiamenti nel sentire e negli stati d’animo” (Kestenberg Amighi et al., 1999). Le sfumature del flusso della tensione sono importanti dal punto di vista evolutivo per il controllo e la regolazione, e come espressione del linguaggio di base del sentire (feelings) e degli stati emotivi.
Quando il flusso si presenta ad alta intensità (molto libero o molto tenuto) segnala sentimenti intensi (come la rabbia) o un temperamento eccitabile; a bassa intensità (meno libero o meno tenuto) segnala un sentire più tranquillo. Un livello stabile di tensione si collega al prestare attenzione, alla concentrazione (come quando un neonato smette di succhiare e fissa, o ascolta), e al mantenere uno stato emotivo, mentre i suoi aggiustamenti esprimono cambiamenti emotivi o attentivi (ad es. quando ci si sta calmando dopo una forte attivazione).
Inoltre le variazioni possono presentarsi in modo improvviso (come irrigidirsi al dolore), o invece graduale. Il flusso può essere anche neutro se presenta poche variazioni di intensità, e si collega a un senso di stanchezza, depressione, al de-animato, e a pensieri e sentimenti offuscati, o a una rigidità senza vita.
Ognuna di queste qualità si esprime meglio in una certa fase specifica nella crescita (ad es. l’alta intensità del flusso tenuto del bambino di una anno -“sforzarsi”- permette di stare eretti, la bassa intensità dei due anni di controllare la pipì, ecc.), ma sia nel bambino che nell’adulto ha anche una funzione espressiva (ad es. l’uso frequente di aggiustamenti della tensione può esprimere una forma di adattabilità, flessibilità, timidezza, o di seduttività; il raggiungere l’alta intensità rapidamente può esprimere irritabilità…).
Osservare le fluttuazioni del flusso può aiutare a cogliere l’esperienza del bambino, a rapportarsi in modo più efficace, e a comprendere e incoraggiare le richieste della sua fase evolutiva.
L’associazione delle diverse qualità esprime stili individuali di sentire, pensare, agire, che tendono a persistere dall’infanzia alla vita adulta, e riflettono il temperamento: un bambino vivace, impulsivo, tenderà a diventare un adulto impaziente, che reagisce con tempi rapidi. Ci sono bambini e adulti che si incendiano subito, e faticosamente ritornano alla calma attraverso successivi aggiustamenti; ci sono quelli poco reattivi, che presentano scarse variazioni nel flusso e sono magari tipi riflessivi; troviamo altri perennemente all’erta, con un livello stabile di alta tensione e pochi aggiustamenti.
In generale nelle persone la tensione fluida, cangiante, non bloccata, esprime e sollecita vitalità (“il flusso animato anima sentimenti e pensieri e il flusso neutro rende muti entrambi”); mentre la rigidità corporea segnala difficoltà a percepire ed esprimere il proprio sentire, a inviare e ricevere sentimenti, ad essere spontanei, ed è caratteristica delle persone psicologicamente molto difese. Naturalmente abbiamo bisogno di entrambi gli aspetti nella vita, sia del lasciar scorrere (flusso libero) che del controllare (flusso tenuto).
I ritmi
Il flusso della tensione si organizza già nell’utero in particolari forme ritmiche tra libero e tenuto che riflettono i bisogni primari e la loro soddisfazione, come il nutrirsi, l’espellere, la ricerca di contatto. Il ritmo del succhiare è la prima e più semplice forma di organizzazione del flusso di tensione (si usa anche nel dondolare, carezzare, fondersi…), seguita in successione dalla fase del mordere-masticare (che si usa anche nel separarsi, pizzicare, battere, analizzare), dal torcersi-sforzarsi (alzarsi, gattonare, guardare da diversi punti di vista…), dal correre-vagare e fermarsi, dall’ondulare, dal saltare, e altri, tutti presenti alla nascita, ma che diventano preponderanti a seconda delle necessità evolutive emergenti (creare legami, incorporare, separarsi, esplorare) durante lo sviluppo psicomotorio.
Mentre nei primi giorni di vita il neonato ha un flusso più libero, tranne se ha fame o sta male, momenti in cui scalcia e si irrigidisce, nel tempo riesce ad usare graduali tenute di tensione, che utilizza per fare pause nel succhiare, per osservare, allungare le mani, afferrare, probabilmente pensare (Threvarten). Questi schemi primitivi e innati permettono di creare il legame ma anche il disengaggio dalla relazione, a seconda dei bisogni.
Sintonizzazione
Ognuno di noi ha ritmi e qualità preferiti, che nei partner di una relazione, come tra madre e bambino, possono essere in corrispondenza e rivelare sintonia, oppure essere in contrasto. In condizioni normali, senza esserne consapevoli, noi percepiamo i nostri e altrui affetti attraverso un processo spesso inconsapevole di sintonizzazione sulla qualità del flusso di tensione.
La madre in genere attribuisce stati emotivi e caratteristiche temperamentali anche al bimbo in pancia quando si attiva o sta quieto, reagisce, scalcia, spinge… La nostra capacità di riconoscere una persona in mezzo alla folla dai suoi ritmi e dal linguaggio corporeo proviene dall’implicita esperienza e conoscenza che ne abbiamo fatto nel tempo attraverso il nostro stesso corpo.
La sintonizzazione (attunement) del flusso della tensione è la base per la costruzione del legame madre-neonato. Essa ha a che fare con la condivisione e corrispondenza tra due partner di segnali non verbali, gesti, posture, espressioni facciali e verbali/vocali; descrive momenti di connessione nella diade come reciproca empatia, come uguaglianza di bisogni e risposte, e soprattutto sincronizzazione di ritmi e forme corporee(Kestenberg, 1975). Può coinvolgere le parole, -le madri infatti parlano molto al neonato-, ma è soprattutto non verbale, perchè anche delle parole viene trasmessa la prosodia, l’intonazione.
Le fluttuazioni del flusso di tensione nella comunicazione caregiver-neonato sono percepite con più immediatezza attraverso il contatto diretto, come il tocco o la pressione, che permette alla madre di sintonizzarsi rispondendo ai cambiamenti di tensione attraverso il proprio corpo. Tale contatto è molto forte in gravidanza e nell’allattamento, in cui la sintonizzazione del flusso della tensione è particolarmente sensibile.
L’alternanza di flusso libero e tenuto del succhiare permette al neonato di spremere il latte, deglutire, respirare, un’operazione alquanto complessa ma che avviene naturalmente se il bambino e la madre stanno bene e adattano i propri ritmi. In condizioni ottimali il succhiare si coordina con il flusso del latte, il corpo del bambino si espande nel cercare e attaccarsi al seno, poi si restringe in flusso più tenuto, allontanandosi un pò e creando spazio per prendere dentro, deglutire, espirare, fare una pausa fino alla successiva ripresa.
Qui è importante la capacità di sintonizzazione materna che deve lasciare questo spazio e tempo di avvicinarsi-allontanarsi. Alcune mamme, specialmente alle prime armi, possono essere ansiose nell’allattare e non tollerare questi piccoli distacchi. Anche nutrendo col biberon abbiamo un andamento ritmico che viene assecondato, con sottili variazioni di distanze e vicinanze, con tempi e pause che rispettano i bisogni e le richieste del bambino. L’allattamento al seno e al biberon possono essere entrambi fonte di forte contatto, di scambio, di sguardi reciproci, di piacere tra i due partner. E’ importante che la madre si senta sufficientemente buona anche se usa il biberon, perchè spesso si percepisce una forte pressione sciale e una colpevolizzzazione su questo fatto.
Meglio una madre che offre il biberon sorridendo, o semplicemente tranquilla, piuttosto che una che dà il seno piangendo per il dolore.
Questo sottile gioco interattivo è possibile solo se c’è un ambiente contenitivo stabile che provvede uno spazio, che protegge dalle cadute e dalla perdita di contatto, che aiuta a tenere la posizione adatta all’allattamento e a superare i momenti di malessere.
L’attunement e l’adjustment permettono alla mamma, che tiene in braccio e allatta, di sorreggere la testa e la spina dorsale del bimbo, ma anche di sostenere la propria schiena e le braccia per non stancarsi. Il busto, le braccia, le gambe creano una culla che accoglie ma che anche permette l’allungamento, in cui le spine dorsali, il bacino e la testa dei due offrono stabilità e contenimento, e permettono un contatto sensibile tra le parti morbide anteriori dei corpi.
Il bimbo se adeguatamente sostenuto adatta via via in modo più attivo il suo corpo a quello materno, aggiustando la tensione in modi sempre più elaborati. Mentre succhia può stringere ritmicamente il seno della mamma, o afferrarlo, oppure può muovere le dita sul fianco materno, con lo stesso ritmo orale del succhiare. Anche col biberon è importante che il bambino possa toccare il corpo materno.
E’ importante infatti sottolineare che non è solo la madre a sostenere il neonato, è anche il neonato a sostenere la madre, fisicamente e psicologicamente: mentre sostiene se stesso, attraverso i riflessi innati di ricerca e di aggrappamento, può abbracciare e mantenere stabilità nell’allattarsi. “Quando la madre permette al bimbo di usare i propri riflessi per tenerla, anche il bambino prende possesso ed è disponibile” (Kestenberg, 1985, p. 142).
Il reciproco sostenersi dei primi giorni e settimane di vita nel legame col caregiver offre le radici della futura capacità di autosostenersi e di dare valore al sé. Se la mamma ha problemi nel tenere il piccolo e se questo non è capace di tenere la mamma, non si realizzano buone condizioni di sintonizzazione e di mutuo tenersi.
La madre che adatta il proprio ritmo a quello del bambino facilita un attaccamento sicuro. Una buona sintonizzazione madre-bambino non avviene solo attraverso il contatto diretto del tenere in braccio, ma anche attraverso altre forme di contatto, come quello visivo, che permette di vedere il livello di tensione e il ritmo in cui essa si organizza, e di riprodurlo col proprio corpo: le madri spesso accompagnano in modo intuitivamente sintonizzato i movimenti scalcianti, vigorosi di un neonato, con simili gesti della testa o delle mani, e vocalizzazioni che hanno simile qualità intensa e variabile, improvvisa e veloce.
Oppure accompagnano con tocchi, carezze e vocalizzazioni di simile intensità, il suo lamento vocale. Creando una connessione sensoriale tra tocco e vista, guardando l’altro come se si toccasse, si realizza una sintonizzazione che permette l’empatia a distanza. Anche i caratteristici ritmi e toni di una voce creano risonanze nel fluire della tensione di chi ascolta, pensiamo a come reagiamo ai toni alti e improvvisi, o ad una voce invece calma e profonda.
Gli studi sui neuroni specchio (Gallese, 2007), secondo cui gli esseri umani come creature sociali hanno un meccanismo innato di rispondenza alle intenzioni e al sentire dell’altro attraverso il proprio corpo, confermano queste osservazioni della Kestenberg e dei danzamovimento terapeuti.
Interruzioni e non corrispondenze nella comunicazione, ma anche recupero
Non sempre c’è completa sintonizzazione tra caregiver e bambino, sono infatti normali e necessari i momenti di interruzione e non corrispondenza nella relazione, sia perchè permettono di sperimentare il suo recupero e di fare esperienze di modulazione degli stati interni (Tronick), sia perchè possono essere segni di transizione ad una fase evolutiva nuova, che presenta bisogni diversi (Loman, 1994).
Non ci si deve quindi preoccupare della loro presenza, sarebbe infatti poco costruttivo per il bambino avere continuamente un alto livello di corrispondenza da parte del caregiver: gli impedirebbe di percepire differenze nella propria esperienza soggettiva.
Ci sono molti modi in cui viene persa e ritrovata la sintonia nella diade. Una comune esperienza di non incontro avviene ad esempio quando una mamma con un bambino irritato o piangente, che esprime tensione ad alta intensità, usa in contrasto una bassa intensità cercando di calmarlo. Se gradualmente riduce la tensione, anche modulando la voce, arriva un momento in cui il bambino si adatta, e si ristabilisce una corrispondenza tra le qualità di tensione dei due partner, ricreando sintonizzazione e un sentire di “stessità”.
Un esempio di modulazione lo vediamo negli scambi vocali e corporei della madre che parla con toni alti al neonato che piange, e sintonizzandosi sulla sua intensità (“ma cosa succede? Quanto piange oggi questo bambino”), lo afferra con decisione, lo stringe, magari lo culla con un certo vigore, lo strofina, per poi modulare la voce, gradualmente ridurre la tensione, la velocità, fino a cullarlo dolcemente se inizia a calmarsi. Una madre sfinita dalla solitudine o da notti in bianco può invece non farcela a modulare e a sostenere il processo di modulazione; può avere l’impulso a stringere più forte, a scuotere, non aiutando così il bambino a calmarsi, e trovandosi poi piena di sensi di colpa e di paure.
Per essere sufficientemente buone queste mamme avrebbero bisogno di qualcuno che in qualche momento si prendesse cura di loro e del figlio, perchè il lavoro di cura è estremamente impegnativo, oltre che gratificante.
I momenti di non sintonia e il suo recupero costruiscono il senso di fiducia nell’ambiente e nelle proprie capacità riparative, mentre frequenti esperienze di non corrispondenza non seguite da risintonizzazione possono creare dei contrasti comportamentali tra madre e bambino (come nelle situazioni di depressione materna) e possono portare il piccolo a inibizione, ansia, o agitazione.
A volte la difficoltà di sintonizzarsi nasce da interferenze nel flusso che non riesce a trasmettersi attraverso il corpo, ad esempio quando certe parti del corpo della madre sono in uno stato di alta tensione, o sono in flusso neutro, prive di elasticità, con una qualità de-animata (ciò può succedere in donne che hanno subito dei traumi e possono avere emozioni difensive di congelamento o paura, v. Van der Kolk).
Punti di tensione nelle spalle o nel collo possono far sentire le madri non confortevoli nel tenere il bimbo in braccio (Kestenberg 1985), mentre bimbi prematuri o che hanno avuto problemi nel nascere hanno difficoltà nel lasciar fluire la tensione. Il massaggio infantile aiuta a far circolare il flusso.
Flusso di forma
In ogni nostro movimento la forma del corpo fluisce, si modifica crescendo e decrescendo in risposta a stimoli esterni (facce, suoni…) e interni (pensieri, sensazioni…), così come fa il respiro. Anche il flusso di forma si presenta con dei ritmi del crescere-decrescere della forma corporea, che danno struttura ai cambiamenti nel flusso di tensione, e creano patterns di interazione con stimoli e persone frustranti, oppure piacevoli.
La forma si modifica nelle tre dimensioni corporee: ci allarghiamo e restringiamo sul piano orizzontale, ci allunghiamo e accorciamo sul piano verticale, protrudiamo e incaviamo sul piano sagittale (avanti e dietro), come in ‘petto in fuori, pancia in dentro’. La forma del neonato si restringe quando porta la mano alla bocca, si allarga quando apre le braccia; si allunga quando estende le gambe, si accorcia nel ritirarle; protrude nel cercare il capezzolo, si incava nel deglutire.
L’allargarsi-restringersi è strettamente legato a sentimenti-sensazioni di agio-disagio, benessere-malessere rispetto all’ambiente: inizialmente è una risposta puramente fisica, come al calore dell’acqua o dell’aria, o ai suoni (pensiamo a come si ritira il corpo ad un rumore improvviso), in seguito si generalizza a risposte di tipo emotivo, e riflette il senso di sè e la relazione con gli altri. L’allargarsi del corpo in risposta al benessere fisico diventa l’allargarsi in risposta a stati emotivi positivi.
Il crescere (allargarsi allungarsi protrudere) tende a creare forme aperte al contatto esterno, è un modo di aprirsi all’ambiente, di prenderlo dentro, e in generale si associa a sentimenti di agio e benessere, mentre il decrescere (restringersi, accorciarsi, incavarsi) tende a creare forme chiuse che riducono l’esposizione del corpo all’ambiente associate a un senso di disagio, anche se, come per tutte le sfumature del movimento, questi non sono collegamenti assoluti: talvolta infatti il restringersi si associa a sollievo, come quando espiriamo dopo aver trattenuto il respiro.
Il crescere e decrescere sul piano orizzontale, piano della comunicazione, getta le basi della fiducia, come possibilità di crescere verso l’ambiente ma anche di tornare a sè, attraverso il restringersi della forma. Come in tutti i movimenti e le funzioni psichiche è importante l’equilibrio, il processo dinamico tra la capacità di espandersi esprimendo piacere e benessere, ma anche di prendere e portare a sè quello che si riceve; di andare verso gli altri cercando sostegno o contatto ma anche di restringere la forma segnalando disagio e bisogno, e attirando così la cura dell’altro. Alle origini della vita, crescere e decrescere sostenuti tra le braccia del caregiver aiuta a sviluppare un senso primario di fiducia.
Bibliografia
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